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Benessere organizzativo e stress occupazionale

11/04/2023

Le persone che si sentono bene” lavorano più produttivamente incrementando non solo i livelli del benessere soggettivo ma anche quelli del benessere organizzativo.

Da questa importante premessa iniziamo col dire che il benessere individuale rappresenta un importante fattore in grado di influenzare non solo gli aspetti riguardanti la propria salute ma anche gli aspetti organizzativi, contribuendo di fatto a migliorare l’efficacia aziendale.

In aggiunta è il benessere psicologico del dipendente a rappresentare un’importante variabile in grado di incidere significativamente sul rendimento lavorativo.

 

Un pizzico di storia 

Sebbene storicamente l’interesse scientifico circa il rapporto tra lavoro e benessere si sia focalizzato sullo studio di fattori di tipo fisico, chimico e biologico in grado di danneggiare la salute dei lavoratori ad oggi l’attenzione è posta anche su variabili in grado di alterare non solo il benessere fisico ma anche il benessere psicologico dei dipendenti e quindi sugli effetti del contesto organizzativo sull’equilibrio psicologico dei lavoratori.

In tal senso possiamo riferirci ad esempio agli effetti che il contesto sociale e organizzativo entro cui si svolge la condotta lavorativa può esercitare sui comportamenti lavorativi del dipendente incidendo sul suo benessere psicologico.

La stessa organizzazione internazionale del lavoro (ILO) parla di “rischio psicosociale” ossia dell’insieme delle interazioni tra:

  • contenuto, gestione, organizzazione del lavoro e 
  • competenze, esigenze dei lavoratori e dinamiche relazionali tra colleghi 

in grado di danneggiare la salute psicofisica dei dipendenti con conseguenze sulla produttività lavorativa.

Se pensiamo anche alla definizione di salute proposta dall’organizzazione mondiale della sanità (WHO), la progressiva attenzione nei confronti dei rischi psicosociali sui luoghi di lavoro rispecchia la concezione di salute intesa non solo come integrità biologica dell’individuo ma anche psicologica e sociale.

 

Quali sono i principali fattori di rischio psicosociale?

Alcune ricerche si sono indirizzate sullo studio di tre principali fattori di rischio psicosociale nei contesti organizzativi:

  • Stress occupazionale
  • Mobbing
  • Burnout

Lo stress e il modello transazionale

In linea generale, lo stress costituisce una risposta generale e aspecifica dell’organismo in seguito all’esposizione a varie tipologie di stimoli ambientali (i cosiddetti stressors) e un modello sullo stress particolarmente accreditato è quello transazionale secondo cui lo stress consiste in un processo caratterizzato da una costante interazione tra l’ambiente e l’individuo che attraverso una serie di sforzi cognitivi e comportamentali si impegna a gestire l’insieme delle inchieste provenienti da questa costante interfaccia.

A partire dal modello transazionale sono state indicate alcune importanti distinzioni concettuali, vediamole insieme:

  • Lo stress inteso come il processo di interazione costante tra individuo e ambiente (il processo transazionale);
  • Gli stressors, ossia gli stimoli ambientali a cui siamo esposti e con cui interagiamo (richieste, situazioni);
  • Lo strain, ossia l’insieme delle nostre risposte fisiologiche, psicologiche e comportamentali agli stimoli stressogeni (stressors).

 

Lo stress organizzativo

Essendo lo stress un processo di costante interazione tra l’individuo e l’ambiente, varia è la tipologia degli stimoli stressogeni a cui possiamo essere esposti anche nel contesto organizzativo.

In quest’ottica è possibile definire un ventaglio di stressors occupazionali in grado di incidere sul benessere psicologico del lavoratore e che possono riferirsi non soltanto alle caratteristiche fisiche dell’ambiente di lavoro (come ad esempio rumore e/o temperatura eccessive piuttosto che una scarsa illuminazione) ma anche alla natura dell’attività lavorativa, dei ruoli organizzativi, del rapporto tra vita lavorativa ed extra lavorativa e delle relazioni tra colleghi.

Come esempi specifici possiamo citare:

  • l’ambiguità di ruolo, per cui si intende lo svolgimento di un ruolo lavorativo poco definito caratterizzato da mancanza di chiarezza e di prevedibilità;
  • il conflitto di ruolo, per cui si intende lo svolgimento di mansioni che esulano dalla specificità del proprio ruolo lavorativo;
  • il sovraccarico lavorativo, per cui si intende lo svolgimento di un carico di lavoro eccessivo sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi (ossia eccessivamente al di sopra della propria specifica competenza);
  • uno stile di leadership scarsamente coinvolgente, ossia che esclude la partecipazione proattiva dei lavoratori nel processo decisionale relativo la propria occupazione;
  • anche la scarsa qualità delle interazioni con i colleghi può essere causa di disagio psicologico, assieme alla conflittualità tra la dimensione lavorativa ed extra lavorativa.

 

Moderare gli effetti dello stress occupazionale

La prolungata esposizione allo stress occupazionale può generare disagio psicologico assieme a conseguenze fisiologiche, psicologiche e comportamentali nel lavoratore (come ad esempio la comparsa di insonnia, emicrania, difficoltà nella concentrazione, insoddisfazione lavorativa, sintomi ansiosi e/o depressivi, infortuni sul lavoro, assenteismo) che possono conseguentemente ripercuotersi sulla produttività aziendale.

Quali variabili possono moderare gli effetti dello stress occupazionale e contribuire all’incremento del livello di benessere percepito?

  • Buoni livelli di autoefficacia e di autostima, quindi nutrire il giudizio positivo circa le proprie capacità di poter portare a termine un compito e circa il proprio valore.

Il possesso di queste caratteristiche è di ausilio nel ridurre la sensibilità soggettiva allo stress (anche occupazionale) e la suscettibilità ai suoi effetti;

  • la capacità di esercitare un controllo sugli eventi attraverso l’attuazione di strategie per affrontare e risolvere in modo diretto situazioni problematiche.

Infatti attuare strategie orientate alla risoluzione del problema può risultare particolarmente efficace nell’ambiente lavorativo poiché l’azione diretta e attiva contribuisce a incrementare la capacità di esercitare un controllo sugli eventi e di conseguenza ad aumentare il senso di autoefficacia e a ridurre gli effetti dello stress;

  • il supporto sociale è in grado di generare un effetto protettivo globale (il cosiddetto buffering) moderando gli effetti dello stress occupazionale sul lavoratore non soltanto quando avviene nelle interazioni tra colleghi ma anche quando viene offerto dai superiori;
  • Il commitment, ossia il senso di appartenenza e di identificazione del lavoratore verso la propria organizzazione contribuisce a ridurre lo stress percepito e ad aumentare la soddisfazione lavorativa.

 

In conclusione

L’esposizione allo stress costituisce una costante dell’esistenza umana e da come detto sinora anche lo stesso contesto organizzativo può incidere sull’equilibrio psicologico del singolo.

Tuttavia è bene ricordare che è sempre possibile migliorare il benessere psicologico potendo prevenire e/o ridurre gli effetti dello stress (anche occupazionale).

 

di Francesca Paola Di Chio

 

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