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Prestazione professionale e soddisfazione lavorativa, trovare l’equazione vincente

11/04/2023

La soddisfazione lavorativa o “job satisfaction” è un termine impiegato nella psicologia del lavoro fin dagli anni ’30 ed è il più utilizzato nella ricerca organizzativa

Il perché di questo interesse risiede nell’equazione “più soddisfazione = migliori prestazioni”, tanto che alcuni autori hanno inteso la soddisfazione lavorativa nei termini di una sorta di “Sacro Graal del management”.

 

Verso una definizione

Andando più a fondo, possiamo considerare la soddisfazione lavorativa come un atteggiamento, quindi come uno stato emotivo positivo o piacevole che deriva dalla percezione della propria attività lavorativa.

Di qui possiamo notare come la soddisfazione lavorativa sia un atteggiamento composto da tre componenti:

  • emotiva (“stato emotivo positivo o piacevole);
  • cognitiva (“risultante della percezione”);
  • comportamentale (“della propria attività lavorativa”).

Secondo il movimento delle Human Relations, i lavoratori soddisfatti saranno anche quelli più motivati e quindi propensi a fornire prestazioni lavorative migliori sia quantitativamente sia qualitativamente.

In altre parole, così come un cliente soddisfatto del prodotto acquistato sarà più propenso a comprarne un altro, così anche un aumento o un decremento della soddisfazione lavorativa contribuirà a un miglioramento o a un peggioramento delle prestazioni professionali e dunque dei risultati di un’organizzazione.

Secondo il modello del Total Quality Management (TQM) anche il lavoratore ricopre lo status di cliente (interno) della propria organizzazione e di fatto, un dipendente soddisfatto tenderà a non lasciarla, a porre maggiore attenzione al proprio cliente (in questo caso esterno) e a realizzare buone prestazioni, proponendo anche suggerimenti per migliorare la qualità del servizio offerto.

E se a una maggiore soddisfazione lavorativa corrisponde una migliore prestazione professionale, questo diviene applicabile non solo nelle grandi aziende multinazionali, ma anche nelle piccole medie imprese rappresentando di fatto una realtà per contesti molto differenziati.

 

Le fonti della soddisfazione lavorativa

Diverse sono le potenziali fonti della soddisfazione lavorativa, così come vari sono i modelli che hanno contribuito al suo studio.

Vediamoli insieme.

  1. Secondo il modello cognitivo, l’origine della soddisfazione lavorativa risiede nel confronto tra le ricompense ricevute e le ricompense attese.

Se quanto ricevuto risulta inferiore a quanto atteso l’individuo andrà incontro a uno stato di insoddisfazione. Inoltre, la stima delle ricompense attese viene in genere effettuata in base ad alcuni elementi tra cui l’input che l’individuo ritiene di poter offrire (livello di abilità, esperienza, formazione); il confronto tra quanto offerto e le ricompense ricevute da altri individui scelti come riferimento (ad esempio i colleghi dello stesso gruppo di lavoro) e le caratteristiche del lavoro in sé (il livello di responsabilità e di difficoltà, gli orari).

  1. Secondo il modello delle caratteristiche del lavoro, ciascun individuo in base alle caratteristiche del lavoro svolto (1. varietà delle attività svolte; 2. possibilità di seguire l’intero processo del lavoro; 3. significatività del compito svolto all’interno del processo lavorativo; 4. grado di autonomia nello svolgimento della propria attività lavorativa; 5. feedback ricevuti da altri a seguito dello svolgimento del proprio lavoro) può sperimentare alcuni stati psicologici:
  • significato del lavoro, ossia la percezione per cui il proprio lavoro acquisisce rilevanza a tal punto da divenire parte del sistema di valori dell’individuo;
  • responsabilità, ossia la percezione secondo cui il proprio lavoro contribuisce a raggiungere risultati entro la propria unità organizzativa;
  • conoscenza dei risultati, ossia la consapevolezza circa l’aver svolto il proprio lavoro in maniera ottimale e/o adeguata. Quanto più tali stati psicologici sono presenti e sperimentati con intensità tanto maggiore è la possibilità che l’individuo sviluppi soddisfazione lavorativa.
  1. Secondo i modelli disposizionali, esisterebbero correlazioni significative tra alcuni tratti di personalità dell’individuo (come ad esempio l’estroversione, ossia l’essere socievoli ed energici e la coscienziosità, ossia l’essere responsabili, prudenti e orientati al risultato) e la soddisfazione lavorativa. In particolare, la presenza di autostima e di autoefficacia (convinzione di efficacia personale), l’assenza di pessimismo e la presenza di locus of control interno (ossia la percezione di poter esercitare un certo grado di controllo sulle situazioni attribuendo a sé stessi, alle proprie capacità e al proprio impegno sia i successi sia gli eventuali fallimenti), sono caratteristiche che comportano una maggiore soddisfazione lavorativa, indipendentemente dal tipo di contesto e di lavoro svolto.
  2. Infine secondo i modelli basati sulle emozioni, gli eventi negativi del quotidiano eserciterebbero un effetto sulle emozioni dell’individuo notevolmente superiore rispetto agli eventi positivi, producendo uno stato di insoddisfazione che genererebbe anche comportamenti lavorativi controproducenti (aggressività verso i colleghi, assenteismo, turnover). Inoltre, la presenza di una più alta affettività negativa (emozioni spiacevoli come ansia e/o depressione in diverse circostanze) contribuirebbe a una soddisfazione lavorativa più bassa dal momento che l’individuo sarà portato a perseguire obiettivi meno stimolanti, a ottenere minore successo e di conseguenza minore soddisfazione sul lavoro.

 

Insoddisfazione sul lavoro, le conseguenze

Se è vero che la presenza di soddisfazione lavorativa corrisponde a una migliore prestazione professionale, all’opposto la mancanza di soddisfazione può causare nel lavoratore comportamenti di ritiro tra cui:

  • assenteismo;
  • intenzione di lasciare il proprio lavoro, con conseguente turn over nel caso in cui l’individuo trovi una nuova collocazione;
  • minori comportamenti di cittadinanza organizzativa (intesa come l’insieme di comportamenti discrezionali che favoriscono l’efficacia della propria organizzazione);
  • compromissione del benessere psicologico del dipendente (tra cui minore prospettiva di vita, emicrania, problemi di stomaco, ansia, depressione, possibile insorgenza di burnout).

 

Migliorare la soddisfazione lavorativa

Sebbene ciascuna organizzazione possa adottare strategie per monitorare la soddisfazione dei propri dipendenti, è possibile attuare personalmente alcune utili strategie al fine di migliorare la propria soddisfazione lavorativa

  • La prima consiste nell’accrescere la consapevolezza di sé intesa come consapevolezza dei propri obiettivi e stati emotivi. In questo senso essere consapevoli di noi stessi in termini di reazioni emotive (sia positive sia negative), intenzioni ed esigenze personali ci dà la possibilità di cogliere con maggiore attenzione ciò che realmente non ci soddisfa e ciò verso cui siamo motivati e orientati a raggiungere (anche entro il contesto lavorativo).
  • In secondo luogo, dato che la presenza di caratteristiche come buoni livelli di autostima e di autoefficacia (ossia la convinzione di efficacia personale), l’assenza di pessimismo e la presenza di locus of control interno (ossia la percezione di possedere un personale grado di controllo sulle situazioni attribuendo a sé stessi, alle proprie capacità e al proprio impegno sia i successi sia gli eventuali fallimenti), consentono di ottenere una maggiore soddisfazione lavorativa, risulta importante l’impegno personale al fine di sviluppare le proprie life skills (ossia le abilità di vita personali e sociali, trasversali a ogni contesto di vita). Pensiamo ad esempio al problem solving ossia alla capacità di modificare una situazione ogni qualvolta si desideri farlo riuscendo di fatto ad applicare una soluzione efficace, oppure al pensiero creativo ossia alla capacità di identificare diverse alternative possibili per la risoluzione di problematiche.
  • In terzo luogo, risulta importante acquisire la capacità di gestire efficacemente le situazioni di stress, ossia la capacità di riconoscere il nostro stato di tensione, di saperne identificare le cause, assieme alla capacità di modularlo praticando attività per noi di ausilio e/o lasciandoci aiutare dagli altri. In questo senso è importante imparare a fronteggiare gli eventuali stati di frustrazione e questo diviene possibile non solo attraverso la capacità di identificare le emozioni di volta in volta sperimentate (tramite l’automonitoraggio e la consapevolezza di sé), ma anche riuscendo ad affrontare direttamente le situazioni che non ci soddisfano senza subirle passivamente

In definitiva investire su noi stessi, sviluppando competenze come le abilità decisionali, comunicative, di gestione dello stress e di risoluzione dei problemi può infatti aiutarci a definire piccoli obiettivi per migliorare e/o risolvere situazioni per noi frustranti.

 

di Francesca Paola Di Chio

 

Spunti Bibliografici

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