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Il tabù della psicologia

14/07/2023

Da diversi studi si evince come il ricorso all’aiuto da parte di un professionista della salute mentale risulti essere ancora oggi una possibilità che in molti scelgono di non considerare, nonostante un numero significativo di persone soffra di disturbi psicologici che interferiscono con il funzionamento quotidiano e che riducono i livelli di benessere e della qualità di vita (Roskar et al., 2017).

 

I fattori di “ostacolo” e l’alfabetizzazione sulla salute mentale

Diversi sembrano essere i fattori di “ostacolo” alla possibilità di confronto con professionisti della salute mentale, come ad esempio uno psicologo, tra i quali principalmente:

  • l’assenza di corrette conoscenze circa le opzioni di trattamento e
  • l’incapacità di riconoscere la propria condizione di disagio.

A questo proposito, diversi studi hanno confermato come entrambi questi fattori siano significativi nel predire la possibilità che una persona scelga di richiedere e di usufruire di un intervento psicologico (Jensen, Morthorst, Vendsborg, Hjorthøj, & Nordentoft, 2016; Roskar et al., 2017; Svensson & Hansson, 2014), inoltre già nel 2000, Jorm conia l’espressione di “mental health literacy” (ossia di “alfabetizzazione sulla salute mentale”) al fine di indicare le difficoltà nel riconoscere e nel gestire la propria salute mentale.

 

Credenze negative e percezione di “stigma”

Un ulteriore fattore di “ostacolo” alla richiesta di aiuto sembrerebbe essere anche la tendenza delle persone a percepire uno stigma verso coloro che scelgono di richiedere aiuto a un professionista della salute mentale (Ordine degli psicologi della Lombardia, 2016; Roskar et al., 2017) sviluppando così un atteggiamento negativo verso le pratiche sia psicologiche, sia psicoterapeutiche. Secondo questi autori, la presenza di tali atteggiamenti (negativi) sarebbe maggiormente frequente tra gli uomini, tra i single, tra le persone più giovani e  tra coloro che presentano un basso livello di istruzione a differenza invece di coloro che hanno già usufruito nel passato di prestazioni professionali da parte di psicologi, psicoterapeuti e/o psichiatri che tendono a riferire atteggiamenti meno negativi rispetto alla possibilità di beneficiare di un supporto psicologico o di una terapia strutturata.

 

Le indicazioni del Decalogo

Nel 2016 l’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha diffuso un decalogo riguardo le principali motivazioni di ostacolo alla possibilità di scegliere di intraprendere un percorso di cura con psicologi, psicoterapeuti e/o psichiatri.

Tra i principali figurano:

  • la falsa credenza secondo cui lo psicologo sia un professionista della salute mentale che opera esclusivamente con persone ritenute “non sane di mente” e quindi non un professionista a cui rivolgersi con il proposito di migliorare il benessere personale e lo sviluppo delle potenzialità anche in individui non clinici;
  • la credenza secondo cui l’intervento dello psicologo sia richiesto esclusivamente da persone “deboli” poichè non riescono a far fronte autonomamente alle avversità che la vita presenta loro. Al contrario, la scelta di aprirsi alla possibilità di ricevere aiuto e sostegno nel momento del bisogno rappresenta un significativo atto di coraggio utile per affrontare e superare i propri momenti di difficoltà;
  • ancora, la credenza secondo cui lo psicologo possa “manipolare” la mente dei propri pazienti, anziché affrontare un lavoro condiviso in cui essere parte attiva (e non certo passiva) del processo di cambiamento personale;
  • le convinzioni relative alla propria persona, come l’impossibilità di poter cambiare o di essere realmente compresi;
  • le convinzioni circa la pratica psicologica e psicoterapeutica stessa: ad esempio pensare che non sia possibile risolvere problemi concreti solo parlando con un terapeuta oppure che la psicoterapia duri o costi troppo. In questo senso, non soltanto sussistono protocolli di psicoterapia brevi ma gli stessi costi possono essere calmierati, soprattutto se si sceglie di rivolgersi a servizi pubblici;
  • credere che il supporto erogato da un professionista della salute mentale, il quale possiede competenze relative all’uso di tecniche, metodi e strumenti propri della disciplina psicologica, sia equiparabile a quello fornito da amici e conoscenti (che per quanto preziosi, non possiedono né le conoscenze né le competenze di un professionista della salute mentale).

 

La considerazione conclusiva

Considerando la serie di fattori di ostacolo che limitano la possibilità del singolo di rivolgersi a un professionista e/o ai servizi di salute mentale potrebbe essere di ausilio promuovere attività psico-educative e informative per favorire la comprensione di quale sia realmente il ventaglio di competenze e di conoscenze di cui dispone uno psicologo, nonché dei servizi che questo professionista della salute mentale può erogare all’utenza (non soltanto dedicati al trattamento di eventuali psicopatologie o condizioni di disagio, ma anche in un’ottica di promozione del benessere e della salute psicologica intesa in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, come possibilità di vivere la vita con maggiore pienezza, in armonia con sé stessi e con gli altri). In tal senso, il lavoro dello psicologo può orientarsi anche nella direzione di una piena realizzazione di sé e delle proprie potenzialità tramite l’erogazione di interventi mirati a incrementare:

  • l’autostima
  • la resilienza e le capacità di coping individuali (ossia fronteggiamento efficace delle difficoltà)
  • sviluppo di una vasta gamma di social skills (o abilità sociali).

Come accennato in precedenza infine, non tutti gli interventi psicologici necessitano di una presa in carico a lungo termine e non tutti richiedono un investimento economico significativo. Tra l’altro, l’attivazione del bonus psicologo rappresenta un ausilio per consentire alla popolazione una maggiore accessibilità (agevolata) alla cura di sé e del proprio benessere mentale, assieme a una maggiore diffusione di una cultura che valorizzi la promozione della salute mentale. 

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