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L’importanza del sonno

14/07/2023

Il Cielo ha dato tre cose agli uomini per compensare le difficoltà della vita: la speranza, il sonno e il sorriso”
(Immanuel Kant)

Di cosa si tratta, parla la scienza

Il sonno costituisce uno stato alterato di coscienza non uniforme dal momento che è costituito da una serie di stadi che seguono una sequenza ordinata e prevedibile. Si tratta di una condizione condivisa sia dai primati umani sia dalle altre specie animali e alla quale è  riconosciuta una funzione adattiva in quanto consente agli organismi di recuperare le energie impiegate durante il funzionamento quotidiano.

In linea generale, nei mammiferi il sonno può essere distinto in due fasi principali che si susseguono in maniera ciclica:

  • il sonno ad onde lente (SlowWave Sleep; SWS) e
  • il sonno REM (Rapid-eye-movement). 

Uno sguardo al dettaglio

Più nello specifico, mediante l’osservazione dell’encefalogramma di persone dormienti si riscontra come il sonno SWS (a onde lente) sia caratterizzato da oscillazioni lente e di grande ampiezza a livello dell’attività cerebrale, diversamente dal sonno REM caratterizzato invece da oscillazioni veloci e di bassa ampiezza. Inoltre, negli esseri umani il sonno ad onde lente risulta predominante durante le prime fasi del riposo per poi mostrare progressivamente un decremento in intensità e durata, mentre il sonno REM tende a divenire più intenso nelle fasi finali del ciclo del sonno associandosi a atonia muscolare (ossia mancanza di tono muscolare) e a movimenti oculari rapidi (Kandel, Principi di Neuroscienze).

L’utilità del sonno e gli accorgimenti

Il sonno provvede a svolgere differenti funzioni utili all’organismo tra cui figurano un’ampia gamma di processi ristorativi e di recupero delle energie dal punto di vista:

  • fisico e
  • mentale (Lustenberger e colleghi, 2015).

Tuttavia, l’insieme dei processi comportamentali, neurofisiologici e neuro cognitivi che si verificano durante le ore di sonno può essere compromesso nel caso in cui si verifichi una parziale e/o costante deprivazione del sonno con significative ripercussioni sul funzionamento psichico, relazionale e sociale del singolo (Hudson e colleghi, 2020).

Di fatto in molti, per perseguire i propri scopi, adempiere gli impegni sempre più profusi e/o dedicarsi ad attività ricreative percepite come piacevoli si trovano nella condizione di dover sacrificare ore di sonno talvolta nella credenza che tale comportamento possa essere tollerato dall’organismo almeno nel breve-medio termine e senza produrre ripercussioni sulle proprie performance cognitive e psicomotorie. Tuttavia i risultati di diversi studi empirici, di rassegne della letteratura e di meta-analisi (Hudson e colleghi, 2020) hanno mostrato il contrario: infatti  nei soggetti deprivati dal sonno il funzionamento neuro cognitivo e comportamentale risulta nettamente inferiore a quello dei soggetti non deprivati dal sonno.

 

I dati dell’ultimo biennio

A questo proposito, anche il periodo pandemico del Covid-19 ha prodotto un effetto sulla qualità e sulla quantità del sonno (Jahrami et al., 2020; Franceschini et al., 2020; Gorgoni et al., 2021). A tal proposito, il confinamento dovuto alla quarantena sembra aver modificato le abitudini del sonno producendo un aumento dei suoi disturbi tra cui l’insonnia (Blume et al., 2020; Marelli et al., 2020). A causa della pandemia e delle preoccupazioni ad essa connesse (tra cui i sentimenti di paura e di perdita), gli autori hanno sottolineato come lo stato di vigilanza degli individui sia risultato particolarmente incrementato. Inoltre, la quarantena potrebbe aver ridotto i tempi di esposizione alla luce diurna, essenziale nel determinare la sincronizzazione del ritmo circadiano del nostro organismo, influenzando di conseguenza la qualità del sonno e del tono dell’umore (Vadnie et al., 2017). Infine, secondo alcuni studi italiani gli effetti prodotti dalla deprivazione del sonno sarebbero maggiori tra le donne, le quali riportano tipicamente livelli più bassi nella qualità del sonno e si mostrano maggiormente sensibili alle eventuali modifiche a livello delle abitudini di vita (Conversano et al., 2020; Salfi, Lauriola, et al., 2020).

Qual è la tua finestra di tolleranza?

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