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La gestione dei conflitti: come affrontare i contrasti e negoziare

05/12/2023

Il conflitto è una parte inevitabile della vita nonchè una delle sfide primarie che l’essere umano si trova a sperimentare nelle proprie relazioni. A partire dall’infanzia e dai primi contesti interattivi, ogni persona va incontro ai primi contrasti, assumendo un proprio stile di fronteggiamento che, con l’ampliarsi della socialità e l’aumento dei compiti evolutivi, può rivalutare e modificare. Quando si entra nel mondo lavorativo, soprattutto oggi, si viene introdotti in un “team” per integrare conoscenze, competenze e abilità. E’ evidente però che, in qualsiasi contesto ci si trovi, essendo le persone diverse per idee, temperamento e formazione, sia del tutto normale incontrare tensioni e conflittualità. Secondo recenti ricerche, l’85% dei dipendenti a tutti i livelli (compresi quindi il management ed il vertice d’impresa) trascorrono in media circa 2,8 ore ogni settimana nell’affrontare situazioni conflittuali. Ogni anno, se sommate, quelle ore di perdita di produttività costano miliardi di euro, senza considerare gli effetti psicologici ed emotivi. Imparare a gestire i conflitti, si rivela in questo senso cruciale sia in azienda che nella vita di tutti i giorni per il mantenimento di un ambiente relazionale sano e costruttivo. 

Ma quando nascono i conflitti e quali sono i principali tipi di conflitto?  

Prima di comprendere come affrontare un qualsiasi tipo di contrasto è fondamentale definirne la sua natura. In linea generale, il conflitto si configura come un contrasto tra due o più persone che mirano, ciascuna, al conseguimento di un obiettivo interferente o antagonista con il soddisfacimento dell’obiettivo dell’altro. Qualunque forma assuma il conflitto, ogni parte coinvolta: 

  • considera l’altra come nemica
  • distorce la percezione della realtà
  • riconosce solo i propri punti di forza e solo i punti di debolezza dell’altra. 

Il crescere dell’ostilità e il diminuire della comunicazione rende più facile conservare le opinioni negative e più difficile correggere le percezioni erronee (Hersey-Blancard,1990). Il disaccordo provoca inoltre una grande tensione emotiva che influisce enormemente sull’esito dello stesso. 

I conflitti possono essere di tre tipi: 

  1. I conflitti semplici: quando due persone, o due gruppi di persone, conoscono ciascuno gli obiettivi altrui, ma nessuno può soddisfare il proprio senza impedire alla controparte di soddisfare il suo. Un esempio semplice è la contesa di una posizione lavorativa o di un bando di gara o concorso. Questo tipo di conflitto generalmente crea una sana competizione. Il problema potrebbe sorgere se il clima competitivo genera eccessivo stress e le persone in campo diventano particolarmente ostili e ostacolanti tra loro.

     

  2. Gli pseudo conflitti, che derivano per lo più da una comunicazione inefficace. Le persone, pur concordando su un determinato argomento, sono incapaci di comunicare l’accordo; assumono, quindi, di essere in disaccordo e il contrasto prende forma. Essi sono la prima e principale causa di conflittualità. Soprattutto oggi, con il lavoro “da remoto”, in assenza di un’interazione faccia a faccia, è ancora più facile interpretare erroneamente le intenzioni, azioni o reazioni dell’altro. I disaccordi infatti vengono portati avanti tramite e-mail, testi e canali interni all’ufficio. L’assenza di una risposta immediata o un fraintendimento dei messaggi scritti, potrebbe portare una spirale di incomprensioni difficili da gestire. Uno studio recente condotto dalla Society for Human Resource Management (SHRM), evidenzia che l’81% dei professionisti a distanza ha vissuto conflitti sul posto di lavoro e più di un terzo degli intervistati (36%) ritiene che i capi siano troppo aggressivi nei loro messaggi.

     

  3. I conflitti-Io: si verificano quando le persone percepiscono, in una determinata situazione, una minaccia al proprio Io, per cui divengono emozionalmente coinvolte fino al punto di andare contro gli altri per proteggere se stesse. I conflitti che si vengono a creare più spesso all’interno di un” team” di lavoro sono quelli di identità o di bisogno, in cui la persona percepisce che è stato impedito il soddisfacimento di un bisogno fondamentale per l’individuo. L’insoddisfazione di essi porta con sé un grosso carico di frustrazione.

Come vengono fronteggiati i conflitti? 

Negli anni ’70, Kenneth Thomas e Ralph Kilmann individuarono cinque stili principali di fronteggiamento del conflitto che variano lungo due dimensioni: la collaboratività e l’assertività. Essi svilupparono il Thomas-Kilmann Conflict Mode Instrument (TKI), uno strumento per individuare il proprio stile di fronteggiamento. Generalmente ogni persona è in grado di usare tutti questi atteggiamenti anche se tenderà a prediligerne uno specifico. I cinque stili principali sono: 

  1. Stile evitante: con bassa collaboratività e bassa assertività. Le persone che prediligono questo stile, scelgono di non affrontare il conflitto, prendendo distanza da esso. L’evitamento del conflitto come strategia temporanea può essere talvolta utile, ad esempio quando si è emotivamente carichi o quando non si ha abbastanza tempo per affrontare la situazione costruttivamente. Se, tuttavia, la strategia diventasse permanente, il conflitto, oltre a non risolversi, tenderebbe a peggiorare.

     

  2. Lo stile competitivo: con bassa collaboratività e alta assertività. Questo stile, spesso associato all’uso di potere, è proprio di chi ha come unico obiettivo quello di vincere, indipendentemente dalle ripercussioni negative che questo può avere sull’esito del conflitto e sulla relazione. Questo stile, che può essere adottato quando sono in gioco questioni etiche, se assunto consistentemente potrebbe danneggiare seriamente le relazioni di collaborazione.

     

  3. Lo stile accomodante: con bassa assertività e alta collaboratività. Le persone che ricorrono a questo stile si comportano con una certa arrrendevolezza mettendo da parte i propri bisogni per assecondare quelli degli altri. Talvolta, quando la posta in gioco è relativamente bassa, tale stile può risultare vantaggioso in quanto accelera la soluzione del conflitto, d’altra parte, se assunto indiscriminatamente, si potrebbe tradurre in una svalutazione delle proprie posizioni.

     

  4. Lo stile di compromesso: con moderata assertività e moderata collaboratività. Coloro che adottano questo stile sono disposti a cedere su alcune posizioni, purché anche la controparte faccia altrettanto. Tale stile ha il vantaggio della rapidità ed è utile quando il problema non è particolarmente ostico. Tuttavia lascia spesso un retrogusto di insoddisfazione che può dar vita a nuovi conflitti. 
  5. Lo stile collaborativo: con alta collaboratività e alta assertività. Chi ricorre a questo stile si sforza di trovare una soluzione, spesso del tutto nuova rispetto a quelle inizialmente ipotizzate, che tenga conto delle proprie esigenze e di quelle altrui. Si adopera, quindi, per un confronto attivo e costruttivo. Tale approccio, indiscutibilmente apprezzabile sotto molti aspetti, ha anch’esso i suoi limiti: richiede molto tempo e necessita di alcune condizioni, come la fiducia reciproca, non sempre riscontrabile. 

Una strategia vincente: la negoziazione 

“Prima che io mi alzi in mia difesa, prima che parli con dolore o paura, prima che costruisca un muro di parole, dimmi, ho davvero compreso bene? Le parole sono finestre, oppure muri, ci imprigionano o ci danno la libertà”.  
“Le parole sono finestre oppure muri” di Marshall B. Rosenberg 

Lo psicologo statunitense Marshall B. Rosenberg (1934-2015) nel suo libro ““Le parole sono finestre oppure muri” , nel quale esprime i principi della comunicazione non violenta (CNV), sintetizza la modalità di relazione alla base della negoziazione, ossia il riconoscimento delle vicendevoli intenzioni e bisogni.  Si può infatti definire negoziazione quella strategia attraverso la quale le parti in contrasto cercano di raggiungere un accordo soddisfacente impegnandosi a comprendere le reciproche posizioni e a manifestare onestamente le reciproche esigenze. La negoziazione prevede quattro fasi specifiche (Edelmann, 2000): 

  1. Riconoscere l’esistenza del problema: Prima di tutto, si richiede che entrambe le parti riconoscano il problema e siano disposte ad esplicitarlo e gestirlo. Per realizzare adeguatamente questa fase, occorre rendersi consapevoli del problema ed essere sicuri che i benefici nell’affrontarlo siano superiori ai costi; in secondo luogo, è necessario prendersi del tempo per organizzare le idee su cosa dire e su come dirlo, onde evitare di essere sopraffatti da sentimenti negativi che possono interferire con un’esposizione calma e razionale delle proprie posizioni. In terzo luogo, occorre manifestare alla controparte la nostra percezione del problema, la nostra condizione emotiva, i nostri scopi. Infine, si richiede di assicurarsi la cooperazione dell’altro, in assenza della quale il problema non potrà essere risolto
  2. Essere consapevoli dei bisogni e degli scopi reciproci: Affinché ci si possa intendere, è necessario che entrambe le parti dichiarino in modo inequivocabile il proprio punto di vista. Per realizzare adeguatamente questa fase occorre: 

– lasciare che l’altro espliciti fino in fondo il suo pensiero; 

– decentrarsi e vedere la situazione dal punto di vista dell’altro; 

– rispecchiare ciò che si è compreso;

 – chiarire il proprio punto di vista

3. Discutere il problema e le possibili soluzioni: Obiettivo di questa fase è di arrivare ad una soluzione del problema che possa soddisfare entrambe le parti. 

«Non è il nostro compito quello d’avvicinarci, così come non s’avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento.» Hermann Hess, Narciso e Boccadoro. 

Si tratta della fase più delicata del processo di negoziazione in quanto richiede alle parti di:

– identificare un terreno comune d’intesa; 

– riconoscere che entrambe hanno una responsabilità nel conflitto; 

– concentrarsi sul problema da risolvere

4. Risolvere il problema cercando soluzioni di mutuo vantaggio: Quest’ultima fase, che dovrebbe scaturire dalla tre precedenti, consiste nel ricercare e proporre soluzioni che siano rispondenti agli interessi e ai bisogni di ognuno nonché all’oggettività della situazione. Alcune domande possono aiutare in questa fase: 

  • “La soluzione è buona per entrambe le parti?”; 
  • “Le due parti sono soddisfatte allo stesso modo?”; 
  • “La soluzione potrebbe creare risentimento?”; 
  • “Sono stati espressi e capiti diritti e obblighi da parte di entrambe le parti?”. 

Il processo di negoziazione, nelle sue diverse fasi, richiede che siano osservati una serie di comportamenti: 

– focalizzarsi sul problema, non sulla persona

– cercare i punti di accordo e non solo quelli di disaccordo; 

– ridurre la componente emotiva del conflitto; 

– evitare di insultare, biasimare, accusare; 

– riformulare la posizione dell’altro; 

– dire le cose chiaramente; 

– controllare le proprie inferenze circa le azioni altrui; 

– lavorare con onestà e buona fede

Sebbene essere consapevoli del problema sia il primo passo per raggiungere una possibile soluzione, riuscire a mantenere tutti questi comportamenti può non essere semplice. In questo la psicologia si pone da alleata. Rivolgersi a un professionista della salute mentale è sicuramente un mezzo efficace per allenare le proprie abilità comunicative e promuovere un atteggiamento di apertura e compromesso. Anche nella relazione terapeutica infatti, al fine di favorire il cambiamento, avviene una continua negoziazione tra paziente e terapeuta su aspettative, credenze e bisogni. La costruzione di un’alleanza solida e funzionale infatti dipenderà proprio dalle capacità di entrambe le parti di raggiungere un buon compromesso (Safran e Muran, 2000).

Articolo scritto da:

Francesca Della Chiesa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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