Torna indietro

Lavoro e salute mentale: quale la relazione?

14/07/2023

Sebbene l’attività lavorativa abbia un ruolo tutt’altro che marginale nella nostra quotidianità,  esso può  tuttavia “intaccare” il benessere psico-fisico delle lavoratrici e dei lavoratori dando luogo a una serie di condizioni di interesse psicologico.

 

Quali le condizioni più frequenti?

Nella maggior parte dei casi la lettura ci offre riferimenti in merito a:

  • Stress lavoro- correlato
  • Burnout
  • Dipendenza da lavoro
  • Sindrome dell’impostore 

Diamo uno sguardo

Lo stress lavoro-correlato è una condizione pervasiva e comporta importanti ripercussioni sullo stato di benessere soggettivo e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (Balducci e Fraccaroli, 2019). Un recente report dell’Istat (2021) ha segnalato come l’ansia e la depressione siano diffuse  nel 13.7% della popolazione lavoratrice e che il 39% dei lavoratori (sia donne sia uomini) tendano a percepire come importanti fattori di stress l’eccessivo carico di lavoro assieme alle tempistiche sempre più pressanti, così come il trovarsi nella condizione di lavorare assieme a persone ostili e poco collaborative. Inoltre dall’analisi emergono i dati secondo cui circa un terzo degli occupati in Sanità (32%) così come nelle Attività finanziarie e assicurative vadano incontro a questa tipologia di rischio, seguiti poi dagli occupati nei Servizi di informazione e comunicazione (26,9%), nella pubblica Amministrazione (24,3%) e nell’Istruzione (23,8%). In aggiunta, con specifico riferimento al ruolo ricoperto, da segnalare anche come le persone più esposte al rischio di stress lavoro-correlato siano rappresentate dal personale dirigente (34,6% dei casi), imprenditori e liberi professionisti (27,1% dei casi), impiegati (23,4% dei casi).

 

Per “burnout” si intende invece una sindrome lavorativa la quale interessa soprattutto coloro che si trovano esposti a una significativa mole di richieste da parte dell’utenza con il rischio, da parte degli operatori, di  un coinvolgimento emotivo sul lavoro e di una esposizione a fonti di stress cronico. Per fare degli esempi, questa sindrome potrebbe essere  sviluppata da lavoratori che svolgono professioni di aiuto (pensiamo a medici, infermieri, professionisti della sanità e insegnanti). Come indicato in letteratura, i tassi di prevalenza di questa condizione tendono a variare in base al gruppo occupazionale.

Inoltre, tre sono le sue principali dimensioni sintomatologiche:

  • Esaurimento delle risorse personali 
  • Depersonalizzazione
  • Scarsa percezione di efficacia professionale 

Secondo alcuni autori (Camerino, Cassitto, Conway e Costa, 2020), i sintomi riferibili alla percezione di esaurimento delle risorse personali al fine di fronteggiare le richieste sul lavoro risultano pari al 10% dei casi mentre in altri raggiungono una prevalenza del 49%; per la depersonalizzazione la percentuale dei casi risulta compresa tra il 13 e il 39% infine, la percezione di scarsa efficacia personale varia dal 5 al 37% dei casi. 

 

Il Workaholism rappresenta la “dipendenza da lavoro” ossia uno schema di comportamento molto simile a quello osservato nelle dipendenze comportamentali (pensiamo ad esempio al consumo di alcolici o di sostanze di abuso). La dipendenza da lavoro è caratterizzata da alcune manifestazioni tipiche tra cui la difficoltà nello smettere di lavorare accompagnata da una forte spinta interna ad impegnarsi nelle attività lavorative e dalla propensione a impiegare il tempo libero lavorando, sottraendosi così a impegni familiari e/o di tipo sociale-ricreativo. La prevalenza del fenomeno è stimata tra il 5% e il 10% dei lavoratori, con picchi che possono raggiungere anche il 25% (Andreassen et al., 2022).

Gli esiti in termini di salute psicofisica a cui questa condizione può condurre non soltanto sono rappresentati da un incremento del livello di stress percepito  e dei livelli di ansia, ma anche da maggiore senso di stanchezza e maggiore rischio di esordio di problematiche cardiovascolari e calo delle difese immunitarie. Un accenno non meno rilevante è riservato poi all’alterazione a carico degli equilibri casa-lavoro, considerando che coloro che sviluppano una dipendenza da lavoro sono soliti destinare all’attività lavorativa anche il tempo da dedicare invece alla cure delle relazioni familiari, con il partner e/o con i figli (Bayhan Karapinar et al., 2020).

 

Infine, la “sindrome dell’impostore” per cui si intende la condizione nella quale nonostante l’oggettivo raggiungimento dei propri successi (nei termini di obiettivi e di efficace svolgimento delle mansioni), l’individuo tende ad attribuirli a fattori esterni come ad esempio alla fortuna o all’aiuto degli altri, anziché alle proprie risorse e capacità.

Questa condizione diviene progressivamente fonte non soltanto di dubbi verso la propria persona ma anche del timore di venire prima o poi “smascherato” dagli altri come impostore o truffatore. Nella prima revisione sistematica della letteratura pubblicata nel Journal of Mental Health and Clinical psychology sulla sindrome dell’impostore (Bravata, Madhusudhan e Colleghi, 2020), viene riportato come la prevalenza di questa condizione vari ampiamente dal 9% all’82% dei casi (variazione in parte attribuita alla tendenza delle persone a sottoscrivere o meno i vissuti tipici di questa condizione). In ogni caso, la sindrome dell’impostore colpisce sia gli uomini sia le donne.

 

Possibilità di intervento

Complessivamente, gli interventi maggiormente impiegati al fine di ridurre lo stress-lavoro correlato e il burnout prevedono di agire su più livelli:

  • a livello organizzativo: l’obiettivo sarebbe quello di individuare e ridurre le fonti di stress presenti sul lavoro favorendo la creazione di un clima organizzativo positivo (ad esempio definire confini dei ruoli e delle responsabilità professionali, verificare la fattibilità dei compiti richiesti e delle procedure da eseguire per portare a termine il compito).
  • A livello individuale: l’obiettivo sarebbe quello di svolgere interventi al fine di incrementare le capacità di coping e di resilienza personale specie tramite l’attivazione di corsi di formazione che prevedano anche l’impiego di specifiche tecniche (come ad esempio il role playing, simulazioni, tecniche di rilassamento, comunicazione assertiva).
  • Interventi rivolti a dirigenti e manager: ossia interventi di prevenzione attuati tramite programmi di formazione al fine di sensibilizzare i leader favorendo la presa di consapevolezza circa le tematiche relative allo stress lavoro-correlato, alla salute e al benessere dei dipendenti.

 

Con specifico riferimento alla dipendenza da lavoro: costituirebbe un’importante azione preventiva la possibilità di avviare programmi di intervento volti a identificare precocemente la sintomatologia riferibile al workaholism dei lavoratori. La raccomandazione sarebbe quella di condurre a intervalli regolari delle survey aziendali per valutare la presenza di personale a rischio.


Infine, per quanto riguarda le possibilità di intervento rivolte alla “sindrome dell’impostore” viene ritenuta terapeutica la partecipazione a incontri gruppali in cui poter usufruire di spazi di condivisione e di confronto dove poter condividere i propri vissuti con altri che altresì li manifestano, anziché tendere all’isolamento temendo di essere gli “unici” a sperimentare una simile condizione.

Qual è la tua finestra di tolleranza?

Qual è la tua finestra di tolleranza?

“La tolleranza è il più grande dono della mente; essa richiede al cervello lo stesso sforzo necessario per stare in equilibrio su una bicicletta” H. Keller- Cosa si intende per “Mastery”? In linea generale questo termine indica la percezione soggettiva: di essere in...

L’importanza del sonno

L’importanza del sonno

“Il Cielo ha dato tre cose agli uomini per compensare le difficoltà della vita: la speranza, il sonno e il sorriso”(Immanuel Kant) Di cosa si tratta, parla la scienza Il sonno costituisce uno stato alterato di coscienza non uniforme dal momento che è costituito da una...